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Intervista John Lydon: il ritorno del Public Image Ltd

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Intervista John Lydon: il ritorno del Public Image Ltd Empty Intervista John Lydon: il ritorno del Public Image Ltd

Messaggio Da nd1967 Lun 4 Giu 2012 - 17:05

Interessante intervista

da qui
http://assante.blogautore.repubblica.it/2012/06/john-lydon-il-ritorno-del-public-image-ltd/
Nel 1977 con i Sex Pistols risalì su un barcone il Tamigi ringhiando in un microfono “God save the Queen”. Finì che la polizia bloccò la performance improvvisata, considerandola l’ennesimo attacco alla sicurezza del Giubileo d’argento della Regina. Venticinque anni dopo, nel pieno dei festeggiamenti per il Giubileo di Diamante di Elisabetta II, quella canzone viene ripubblicata ma John Lydon, il Johnny Rotten dei Pistols, prende le distanze dall’iniziativa discografica: «Non è la mia campagna e questa uscita mina tutto ciò per cui i Sex Pistols hanno lottato» dice al telefono dalla sua casa di Los Angeles. «L’anno scorso abbiamo cominciato a discutere il nuovo contratto con la Universal ma non ne siamo venuti a capo, così il tempo è passato ed eccoci qui. Credo che la casa discografica si stia comportando secondo i vecchi canoni, amano più i soldi che i loro artisti, li manipolano fino a distruggerli come accadde ai Sex Pistols». Per una strana coincidenza, la nuova edizione di “God save the Queen” cade nello stesso giorno di uscita del nuovo album dei PiL, il gruppo cui Lydon ha dato vita dopo l’abbandono della band simbolo del punk inglese.

L’album This is PiL arriva a 20 anni dal precedente, perché ha atteso tanto per registrarlo?
«È molto semplice: il contratto capestro che avevo con la multinazionale Virgin mi aveva portato ad una situazione finanziaria disastrosa. Non potevo permettermi di affrontare la registrazione di un disco con la mia band senza rischiare la bancarotta. Sfortunatamente anche i Sex Pistols si erano lasciati alle spalle un discreto buco finanziario, e questa è evidentemente la storia della mia vita. Per questo ho dovuto rinviare il ritorno dei PiL fino al momento in cui non avessi messo assieme un po’ di soldi per poter pagare tutto di tasca mia. Il momento è arrivato nel 2009, quando è iniziata la mia campagna pubblicitaria per una marca di burro inglese: tutti i soldi che ho guadagnato sono serviti per rimettere assieme la band e per fare questo disco».
Sta dicendo che per pubblicare un album risulta molto più utile una ditta di fabbricanti di burro che un’etichetta discografica multinazionale?
«Di sicuro mi hanno trattato con più rispetto di quanto non abbia mai fatto qualsiasi etichetta discografica con cui mi è capitato di lavorare in questi anni, ed è davvero una cosa bizzarra da dirsi, non trova?».
Non ce lo avesse appena detto, sarebbe stato difficile immaginare che lei, con i Sex Pistols prima e con i PiL poi, non abbia raggiunto un po’ di sicurezza economica.
«Le assicuro che è così, la mia fortuna è che non mi sono mai fermato e ho seguito anche altri progetti, ad esempio in televisione con il mio documentario per bambini “Mega Bugs” del 2005, che Discovery Channel sta rimandando in onda in questi giorni, un documentario per insegnare ai bambini a non aver paura degli insetti. Ma mi rendo conto che per come gliene ho parlato, starà considerando la mia situazione economica alla stregua del disastro economico della Grecia. Ma le cose non viaggiano sempre nella stessa direzione, guardi com’è strano: le case discografiche sono in declino e invece i PiL riprendono a volare. Bisogna sempre continuare a lottare, mirare al risultato a lungo termine, le cose migliori arrivano avendo la pazienza di aspettare. Solo che magari a questo punto avremo problemi ad andare in tour con i Pil, vista la crisi economica e i pochi soldi in circolazione».
I suoi problemi economici sono stati la spinta anche a partecipare al reality show “I am a celebrity – Get me out of here”?
«Assolutamente no, ogni singolo penny che ho guadagnato partecipando ad “I am a celebrity” è andato in beneficenza alla mia associazione preferita che difende gli animali, e ad un orfanotrofio. E per quanto riguarda la reunion dei Sex Pistols, su cui sono state fatte molte illazioni, è avvenuta perché considero gli altri della ex band ancora miei buoni amici, per dimostrare dunque che la band si ruppe per i motivi sbagliati, e il tour avrebbe dimostrato che stiamo ancora bene insieme. Ma siccome a me piace divertirmi, come del resto anche agli altri, abbiamo speso tutto in costose camere d’albergo».
E ai fan che l’hanno criticata per il reality show e per la pubblicità del burro, non proprio in linea con un punk rocker com’è lei, cosa si sente di dire?
«Che possono dire ciò che vogliono, ma se sto raccogliendo soldi per beneficenza allora faccio tutto ciò che riesco a fare per raggiungere l’obbiettivo. E del resto non ho fatto del male a nessuno, non ho ferito animali nel corso della produzione, l’ho fatto per una buona ragione e mi sono mostrato per quello che sono 24 ore al giorno: così ora possono amarmi o odiarmi, facciano pure».

Quando sono nate le nuove canzoni, in questi 20 anni o solo nell’ultimo periodo?
«Sono nate appena siamo entrati nello studio di registrazione, molto velocemente, che è poi il miglior modo per scrivere canzoni evitando che il processo diventi noioso. Scrivere cioè secondo la sensazione del momento. Il che non vuol dire che il mio cervello sia stato spento per 20 anni, cosa che le assicuro non è successa».
Da bambino lei ha frequentato una scuola cattolica, è lì che ha imparato a cantare?
«Fino ai 16 anni ho cercato di non imparare a cantare, perché chiunque tra noi alunni fosse stato in grado di cantare sarebbe stato avviato da preti e suore nel coro della scuola, e lì di sicuro sarebbe stato oggetto di attenzioni sessuali particolari. Quindi me ne sono guardato bene. In quella scuola ho imparato che la religione è il primo strumento di oppressione, il primo nemico del pensiero libero e dell’individuo, attraverso la paura e l’idea del peccato».
Cosa sono stati per lei i Sex Pistols?
«Un ottimo punto di inizio. Anche se, conclusa la mia esperienza con la band, non pensavo certo di cantare ancora e di continuare a scrivere canzoni, quanto piuttosto di dedicarmi alla letteratura, anche se non avevo idea su cosa e come farlo».
Nel nuovo album ci sono molti riferimenti a Londra e alla vita inglese. Eppure lei ora vive a Los Angeles, l’America forse non la ispira?
«Sono stato fuori dal giro della musica per almeno un decennio, per questo ora sentivo l’esigenza di riconfermare il mio passato e da dove vengo. E anche spiegare che prima dei Sex Pistols c’era un essere umano completo di tutto e che il posto in cui sono nato è ancora dentro di me, è la mia fonte di ispirazione più forte. E questo a prescindere da dove io mi trovi ora o mi troverò nel resto della mia vita: le lezioni che ho imparato nelle strade di Finsbury a Londra, quartiere della working class, sono lezioni che restano per sempre. I ragazzi oggi stanno troppo isolati, soli di fronte ai computer, e senza socializzazione non si ottiene nulla, ma forse troveranno altre strade».
Il brano I must be dreaming è dedicata ai politici e al governo, può spiegare di cosa parla?
«Parla dei tempi in cui ero giovane, quando il governo distrusse quella rete sociale e i valori che avevamo creato in quanto comunità. Una comunità molto motivata, oltre ai londinesi c’erano greci, turchi, italiani, irlandesi, tedeschi: un background molto ricco, l’ideale per chi fosse interessato alla musica. Ma al governo non piaceva questa socializzazione, e infatti chiusero i centri sociali, eliminarono i campi sportivi, trasformarono i pub in quelli che io chiamo s-wine bar (il gioco di parole in inglese è tra vino e porco), trasformarono insomma i quartieri popolari in posti da yuppies, negando lo spirito che aveva fatto dell’Inghilterra un posto così bello in cui vivere. Non è una paranoia, sta succedendo ovunque, e così i ragazzi non hanno più luoghi in cui andare di sera e non gli resta che fare tumulti, segno della loro frustrazione e risultato voluto dalla politica oppressiva del governo».

Il suono di questo disco è molto aperto: un approccio dub, è dance nel caso di Lollipop opera, è addirittura progressive nel caso di It said that e The room I am in.
«È molte cose diverse allo stesso tempo: è tutti i suoni e i ritmi che noi PiL amiamo e che meglio descrivono le emozioni che vogliamo comunicare attraverso le canzoni. In Lollipop opera, ad esempio, ci sono i suoni che ho ascoltato nella mia giovinezza grazie ai negozi di dischi del mio quartiere, greci, turchi, giamaicani. C’era il negozio pop, quello hard rock. Tutti suonavano musica, tutti entravano ad ascoltare, ci si conosceva, si scambiavano esperienze. Quel mondo è stato distrutto dai governi, ricordiamocene quando andremo a votare o quando si tratterà di manifestare».
Crede nei partiti?
«Penso che la destra e la sinistra facciano parte dello stesso sistema che io chiamo shit-stem (il gioco di parole è tra shit, sudiciume, e system), non potrebbero esistere senza il loro presunto opposto e così si giustificano a vicenda e si tengono entrambi saldamente al potere, un potere corrotto di gente che un tempo erano proprio come me e come lei».
In occasione del Giubileo di diamante della Regina Elisabetta sarà ripubblicata “God save the Queen” dei Sex Pistols.
«La blocco subito: credo si tratti di una coincidenza, non è stato fatto per questo. L’anno scorso abbiamo cominciato a discutere il nuovo contratto con la Universal ma non ne siamo venuti a capo, così il tempo è passato ed eccoci qui. Credo che la casa discografica si stia comportando secondo i vecchi canoni, amano più i soldi che i loro artisti, li manipolano fino a distruggerli come accadde ai Sex Pistols. Tutto sommato, però, forse “God save the Queen” esce nel momento giusto, oltre che contro la monarchia e il Parlamento era anche una canzone contro il governo e la burocrazia. Ma credo che grazie ai Sex Pistols la Monarchia abbia cambiato la sua attitudine, e si sia avvicinata di più alla gente, meno interessata ai suoi soldi e più alla comunicazione. Ma la cosa che più conta è che verrà pubblicato in vinile e io raccomando a tutti di ascoltare le canzoni sul vinile, le differenze sono enormi».
Chi sono i suoi eroi?
«Il mahatma Ghandi e Guy Fawkes: il primo per avermi insegnato la resistenza passiva, il secondo perché tentò di far esplodere la House of Parliament, un interessante zuccone».
All’ultima cerimonia della Rock and Roll Hall of Fame, Axl Rose ha scritto una lettera aperta rifiutando la sua ammissione come parte dei Guns’N’Roses. I Sex Pistols fecero lo stesso, ha notato la similitudine?
«Sì, solo che noi l’abbiamo fatto molto tempo prima di loro. Se sei vivo e consapevole di esserlo, perché dovresti entrare in un museo? I musei contengono solo cose morte».

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