Tortoise tortoise Millions Now Living Will Never Die
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Tortoise tortoise Millions Now Living Will Never Die
Correva l'anno 1996 e venne alla luce questo enorme capolavoro. Uno dei dischi più belli di sempre:
Vi copio una bella recensione trovata sul web per ricordare questa meraviglia:
Quando si parla dei Tortoise le emozioni devono essere messe momentaneamente da parte. Ascoltare un album come Millions Now Living Will Never Die significa abbandonarsi al fascino di una logica compositiva fredda e quasi cinica, che non lascia nessuno spazio all’istinto. Tutte le composizioni contenute in questo disco sono un inno alle infinite capacità creative della mente umana. Questa non è musica per il cuore è un continuo stimolo per il cervello. E ciò, sembrerebbe quasi un paradosso, ci emoziona infinitamente.
Fatta questa dovuta premessa cerchiamo di raccontare il secondo disco ufficiale dei Tortoise, pilastri, da ormai più di un decennio, di quel genere musicale meglio noto come Post Rock (per il quale ci vorrebbe un articolo a parte per spiegare cosa realmente sia….). Era il 1996 quando MNLWND venne dato alle stampe, a due anni di distanza dall’album di debutto dal titolo omonimo di Tortoise. Due anni sicuramente prolifici, perché a fare un confronto diretto tra i due dischi si nota palesemente un evoluzione nella musica della band di Chicago. Un’evoluzione che punta dritta ad una maggiore complessità, innanzitutto nella composizione dei pezzi, ma anche nel modo di interpretarli e di arrangiarli. Tutto ciò viene ottenuto grazie ad una tecnica più raffinata (importante fu l’acquisizione di Dave Pajo il chitarrista degli Slint) e grazie all’ingresso dell’elettronica che apporta un contributo fondamentale già in questo secondo lavoro. Insomma, in parole povere, MNLWND rappresenta una presa di posizione chiara e decisa di quella logica compositiva complessa e freddamente razionale di cui si parlava sopra e che, da ora in poi, sarà il marchio di fabbrica di John McEntire & Co.
Una maggiore complessità appunto. Tanto per chiarire le cose il disco si apre con un pezzone da venti minuti, Djed, che lascia a bocca aperta per la sua struttura estremamente variegata. Su un bellissimo giro di basso il primo tema del brano nasce a poco a poco, con l’ingresso della batteria sostenuta e delle misuratissime note del piano elettrico. Tutta la seconda parte, invece, è una vera apoteosi del vibrafono, uno strumento assai caro ai Tortoise. Note di basso incalzanti costituiscono la ritmica principale sulla quale i due vibrafoni provocano una vera e propria esplosione sonora, attraverso l’esecuzione progressiva di giri ulteriormente veloci e complessi. Nel finale il brano sembra quasi collassare su se stesso, mediante fantasmagoriche manipolazioni elettroniche su cui dialogano ancora i vibrafoni, per arrivare alla chiusura con la riproposizione del primo tema, opportunamente stravolto. L’estrema capacità tecnica dei Tortoise è evidente anche nel secondo brano, Glass Museum, il cui tema principale è tutto giocato su tempi dispari. Giù il cappello, dunque, per John Herndon, un vero fenomeno della batteria, il quale puntualmente mostra di trovarsi a suo agio in mezzo a giri d’accordi così complicati, arricchendoli addirittura con le sue trame ritmiche originalissime ed impeccabili. Segue A Survey, brano stilisticamente più vicino all’album di debutto. Si tratta di una composizione per due bassi, nella quale i due strumenti dialogano magnificamente scambiandosi di continuo i ruoli della ritmica e dell’assolo. Un momento di quiete prima del pezzo più veloce del disco. L’ossatura di The Taut Tame è infatti costituita da una gustosissima campionatura di rullante sulla quale vengono ripetuti ossessivamente tre accordi ascensionali dando al brano un ritmo spasmodico di grande effetto. Nella parte centrale tutto si complica, gli accordi del tema da tre si moltiplicano a nove, i giri di batteria diventano sempre più evolutivi, si dipana un fluido assolo di chitarra.
La funzione di Dear Grandma e Grandpa, campionature leggere su note di basso riverberate, è invece quella di intermezzo e preparazione al capolavoro che seguirà. L’ultima traccia del disco, infatti, è Along The Bank Of Rivers, pezzo straordinariamente morriconiano, il quale propone uno struggente giro di chitarra in cui non vi è una nota fuori posto. Ascoltando questo brano ci sembra di conoscerlo già da tempo, non perché sia banale, ma per l’istintiva tensione verso l’armonia che è innata dentro di noi.
L’album ufficiale si chiuderebbe qui, ma è diffusa anche una versione estesa di MNLWND con quattro bonus track, recentemente pubblicate nella raccolta di B-sides A Lazarus Taxon. In gran parte si tratta, senza voler sminuire il loro valore, di esercitazioni elettroniche. Quasi un allenamento in vista del successivo TNT, dove i Tortoise useranno con più disinvoltura l’elemento sintetico. Questo per quanto riguarda Goriri, Restless Water e A Grape Dope. Ma un discorso a parte va fatto per Gamera, altro brano lungo il cui intro ci dimostra come la band riesca ad essere estremamente efficiente anche con una semplice chitarra acustica. Il seguito è tutto impostato su lunghe note di sintetizzatore, il basso è quasi ipnotico, mentre la batteria è un vero fiume in piena, dove nessuna battuta viene suonata a caso, ma sempre tenendo conto della varietà e della complessità.
Complessità è dunque la parola chiave per interpretare questo disco, tappa fondamentale e decisiva nella formazione della personalità artistica dei Tortoise. Complessità risultante da una miriade di soluzioni compositive, parto di una mente estremamente creativa. Un’infinità di note suonate con una tecnica impareggiabile. Milioni e milioni di suoni che ancora oggi vivono e non moriranno mai…….
(recensione di Ugo Mancini: http://www.storiadellamusica.it/avant_post_rock/post_rock/tortoise-millions_now_living_will_never_die%28thrill_jockey-1996%29.html )
Vi copio una bella recensione trovata sul web per ricordare questa meraviglia:
Quando si parla dei Tortoise le emozioni devono essere messe momentaneamente da parte. Ascoltare un album come Millions Now Living Will Never Die significa abbandonarsi al fascino di una logica compositiva fredda e quasi cinica, che non lascia nessuno spazio all’istinto. Tutte le composizioni contenute in questo disco sono un inno alle infinite capacità creative della mente umana. Questa non è musica per il cuore è un continuo stimolo per il cervello. E ciò, sembrerebbe quasi un paradosso, ci emoziona infinitamente.
Fatta questa dovuta premessa cerchiamo di raccontare il secondo disco ufficiale dei Tortoise, pilastri, da ormai più di un decennio, di quel genere musicale meglio noto come Post Rock (per il quale ci vorrebbe un articolo a parte per spiegare cosa realmente sia….). Era il 1996 quando MNLWND venne dato alle stampe, a due anni di distanza dall’album di debutto dal titolo omonimo di Tortoise. Due anni sicuramente prolifici, perché a fare un confronto diretto tra i due dischi si nota palesemente un evoluzione nella musica della band di Chicago. Un’evoluzione che punta dritta ad una maggiore complessità, innanzitutto nella composizione dei pezzi, ma anche nel modo di interpretarli e di arrangiarli. Tutto ciò viene ottenuto grazie ad una tecnica più raffinata (importante fu l’acquisizione di Dave Pajo il chitarrista degli Slint) e grazie all’ingresso dell’elettronica che apporta un contributo fondamentale già in questo secondo lavoro. Insomma, in parole povere, MNLWND rappresenta una presa di posizione chiara e decisa di quella logica compositiva complessa e freddamente razionale di cui si parlava sopra e che, da ora in poi, sarà il marchio di fabbrica di John McEntire & Co.
Una maggiore complessità appunto. Tanto per chiarire le cose il disco si apre con un pezzone da venti minuti, Djed, che lascia a bocca aperta per la sua struttura estremamente variegata. Su un bellissimo giro di basso il primo tema del brano nasce a poco a poco, con l’ingresso della batteria sostenuta e delle misuratissime note del piano elettrico. Tutta la seconda parte, invece, è una vera apoteosi del vibrafono, uno strumento assai caro ai Tortoise. Note di basso incalzanti costituiscono la ritmica principale sulla quale i due vibrafoni provocano una vera e propria esplosione sonora, attraverso l’esecuzione progressiva di giri ulteriormente veloci e complessi. Nel finale il brano sembra quasi collassare su se stesso, mediante fantasmagoriche manipolazioni elettroniche su cui dialogano ancora i vibrafoni, per arrivare alla chiusura con la riproposizione del primo tema, opportunamente stravolto. L’estrema capacità tecnica dei Tortoise è evidente anche nel secondo brano, Glass Museum, il cui tema principale è tutto giocato su tempi dispari. Giù il cappello, dunque, per John Herndon, un vero fenomeno della batteria, il quale puntualmente mostra di trovarsi a suo agio in mezzo a giri d’accordi così complicati, arricchendoli addirittura con le sue trame ritmiche originalissime ed impeccabili. Segue A Survey, brano stilisticamente più vicino all’album di debutto. Si tratta di una composizione per due bassi, nella quale i due strumenti dialogano magnificamente scambiandosi di continuo i ruoli della ritmica e dell’assolo. Un momento di quiete prima del pezzo più veloce del disco. L’ossatura di The Taut Tame è infatti costituita da una gustosissima campionatura di rullante sulla quale vengono ripetuti ossessivamente tre accordi ascensionali dando al brano un ritmo spasmodico di grande effetto. Nella parte centrale tutto si complica, gli accordi del tema da tre si moltiplicano a nove, i giri di batteria diventano sempre più evolutivi, si dipana un fluido assolo di chitarra.
La funzione di Dear Grandma e Grandpa, campionature leggere su note di basso riverberate, è invece quella di intermezzo e preparazione al capolavoro che seguirà. L’ultima traccia del disco, infatti, è Along The Bank Of Rivers, pezzo straordinariamente morriconiano, il quale propone uno struggente giro di chitarra in cui non vi è una nota fuori posto. Ascoltando questo brano ci sembra di conoscerlo già da tempo, non perché sia banale, ma per l’istintiva tensione verso l’armonia che è innata dentro di noi.
L’album ufficiale si chiuderebbe qui, ma è diffusa anche una versione estesa di MNLWND con quattro bonus track, recentemente pubblicate nella raccolta di B-sides A Lazarus Taxon. In gran parte si tratta, senza voler sminuire il loro valore, di esercitazioni elettroniche. Quasi un allenamento in vista del successivo TNT, dove i Tortoise useranno con più disinvoltura l’elemento sintetico. Questo per quanto riguarda Goriri, Restless Water e A Grape Dope. Ma un discorso a parte va fatto per Gamera, altro brano lungo il cui intro ci dimostra come la band riesca ad essere estremamente efficiente anche con una semplice chitarra acustica. Il seguito è tutto impostato su lunghe note di sintetizzatore, il basso è quasi ipnotico, mentre la batteria è un vero fiume in piena, dove nessuna battuta viene suonata a caso, ma sempre tenendo conto della varietà e della complessità.
Complessità è dunque la parola chiave per interpretare questo disco, tappa fondamentale e decisiva nella formazione della personalità artistica dei Tortoise. Complessità risultante da una miriade di soluzioni compositive, parto di una mente estremamente creativa. Un’infinità di note suonate con una tecnica impareggiabile. Milioni e milioni di suoni che ancora oggi vivono e non moriranno mai…….
(recensione di Ugo Mancini: http://www.storiadellamusica.it/avant_post_rock/post_rock/tortoise-millions_now_living_will_never_die%28thrill_jockey-1996%29.html )
salvatoreborzellino- Affezionato
- Data d'iscrizione : 28.12.14
Numero di messaggi : 161
Provincia : Palermo
Impianto : sorgente analogica: funk firm lsd con testina Ortofon 2M blue
pre phono: pro-ject tube box ds2
sorgente digitale: pro-ject dac box DS2 ultra
pre amp: sonus mirus mkii
finale di potenza: audio analogue donizetti cento rev 2.0, Vincent sp 331
Diffusori: focal jmlab chorus 826v
cavi di potenza Ricable SH65
Cavi di segnale: mogami
Re: Tortoise tortoise Millions Now Living Will Never Die
non tutti i brani mi piacciono ma djed e almeno taut and tame sono eccezionali, molto bello anche il disco di david pajo (che qui suona il basso) da solista, live from a shark cage (firmato papa m)
fra' cagnotto- Affezionato
- Data d'iscrizione : 23.10.18
Numero di messaggi : 138
Provincia : Roma
Impianto : Beyerdynamic DT 990 Pro + Sabre
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