Joe Jackson: Night & Day
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aschenaz
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Joe Jackson: Night & Day
http://www.ondarock.it/pietremiliari/jackson_nightandday.htm
JOE JACKSON
Night And Day
(A & M) 1982
pop, songwriter
di Claudio Fabretti
Tra i tanti figli degeneri del punk, Joe Jackson è uno di quelli che ha seguito il percorso più accidentato e sorprendente.
Nato nel 1954 a Burton-upon-Trent (Inghilterra) e cresciuto a violino e pianoforte, con tanto di borsa di studio in composizione musicale vinta alla London's Royal Academy of Music, ha fatto di tutto per non diventare un compositore "serio", facendosi travolgere dall'ondata del punk prima e della new wave poi, finendo poi col diventare... un compositore serio (e non solo in ambito pop, come testimoniano le sue recenti incursioni nella Classica).
Un'accelerazione in slalom, il suo avvio di carriera, attraverso pannelli di pop-rock nevrotico e pungente (l'hit "Is She Really Going Out With Him"), pietanze esotiche (dal reggae al calypso) e languori soul ("It's Different For Girls"). Fino al salto carpiato in stile swing di "Jumpin' Jive", dove l'ex "gangster" - come amava definirsi - getta la maschera e si trasforma in raffinato interprete di classici jazz.
Quattro album completamente diversi l'uno dall'altro e un andamento schizofrenico, in cui l'unico punto fermo resta l'eclettismo da cabaret del dinoccolato Jackson, col suo abbigliamento da crooner d'altri tempi e la sua goffa aggressività da rocker mancato. Più d'un tratto in comune con Elvis Costello, verrebbe da dire, se non fosse che quest'ultimo, malgrado gli sforzi, è sempre rimasto fondamentalmente ancorato alla sua "britannicità", mentre Jackson ha trovato oltreoceano la sua terra promessa.
Lo sbarco in America è una folgorazione. "Night And Day", notte e giorno d'irrefrenabili eccitazioni. L'Englishman in New York non è un alieno, ma un viaggiatore curioso, che vuole carpire lo spirito della Grande Mela viaggiando attraverso le sue fumose atmosfere notturne, i suoi chiaroscuri, le sue nevrosi, ma soprattutto le sue cento voci musicali.
Jackson resuscita idealmente le orchestre di Duke Ellington, le melodie di George Gershwin, il soul di Marvin Gaye e i musical di Cole Porter (omaggiato sin dallo stesso titolo del disco). In più, si lascia attrarre dalle fascinazioni latine - la salsa di Eddie Palmieri e Ray Barretto - e dalle possibilità offerte da un "combo" di otto elementi, in cui piano, basso, fiati e percussioni fanno da padrone, ma le nuove tecnologie sonore (synth e drum machine) forgiano un seducente involucro di "pop urbano". Scompaiono così le chitarre, ultimo orpello di quella stagione post-punk che l'irrequieto Jackson si è ormai lasciato alle spalle.
A padroneggiare questo pot-pourri provvedono arrangiamenti raffinatissimi, tanto sontuosi quanto mai sopra le righe.
I nove brani (beati i tempi in cui non rimpinzavano i dischi di riempitivi!) si succedono quasi tutti senza soluzione di continuità, alimentando l'idea di una sorta di concept. Pur diviso in due parti (il lato A, più movimentato, sulla notte, il lato B, più riflessivo, sul giorno) l'album è infatti interamente pervaso da un mood notturno e sinuoso, che contagia fin dalle prime note di "Another World", il carosello percussivo che dà il benvenuto nel "nuovo mondo".
La freschezza dei suoni non nasconde l'occhio critico di Jackson, che usa quasi toni da indagine sociale vagando spaesato per le vie di "Chinatown", al ritmo d'un jazzy-pop orientaleggiante scandito dal piano e dalle percussioni esotiche, camuffandosi da santone ethno-funk à-la Byrne (anche nel vocalismo nevrastenico) per denunciare le aberrazioni della "TV Age" ("Tv rules/ pretty soon you won't be able to turn it off at all"), divenendo egli stesso "Target", bersaglio ("Someone could smile at me then/ shake my hand then gun me down") in una selva di bonghi e congas.
Ma a mandare in gloria l'album è il singolo "Steppin' Out", praticamente la quintessenza dell'anima più lieve e innocente del decennio '80. Una radiosa melodia che si fa largo nel palpitante incedere elettro-pop delle tastiere glamour, tra un piano squillante e una possente linea di basso, alla ricerca di una via d'uscita dall'oppressione della metropoli ("We so tired of all the darkness in our lives/ with no more angry words to say/ can come alive... get into a car and drive/ to another side/ me Babe - Steppin' out/ into the night/ into the light").
Dopo la sbornia del lato A, il "day side" volge alla malinconia, con toni più pensosi e amari.
"Breaking Us In Two" è una languida piano-ballad che echeggia gli Steely Dan di "Rikki Don't Lose That Number", mentre il sardonico jingle salsa di "Cancer" offre il poco rassicurante avviso che "everything gives you cancer".
Le due ballate finali sono una staffilata al cuore. L'epica "Real Men" lambisce un climax quasi "spectoriano" con la sua solenne orchestrazione d'archi (sintetici) e pianoforte a cullare l'invettiva di Jackson contro la "guerra dei sessi". "Slow Song" è un disperato inno al "lento", ultimo baluardo contro la tirannia della musica frenetica e disumana ("And I'm tired of dj's... /I'm gonna tell him to... / Play us a slow song"), ma anche lucido ritratto di solitudine e frustrazione: sette minuti impreziositi dal piano, dall'organo Hammond e da un'intensa performance vocale, che accumula pathos ed esplode nella liberatoria implorazione finale.
Jackson accompagnerà la promozione del disco con roboanti dichiarazioni sulla "morte del rock", anticipando di diversi anni la celebre sortita di Sting.
Quasi vent'anni dopo tenterà il bis con "Night And Day II", ma senza più raggiungere i fasti dell'originale, che resterà anche il suo unico disco ad aver scalato la top ten Usa (4° posto).
Sempre nel 1982, invece, uscirà anche "The Nightfly" di Donald Fagen, altro volo notturno sotto le stelle del jazz. E la lunga notte dell'America tornerà a luccicare ancora.
JOE JACKSON
Night And Day
(A & M) 1982
pop, songwriter
di Claudio Fabretti
Tra i tanti figli degeneri del punk, Joe Jackson è uno di quelli che ha seguito il percorso più accidentato e sorprendente.
Nato nel 1954 a Burton-upon-Trent (Inghilterra) e cresciuto a violino e pianoforte, con tanto di borsa di studio in composizione musicale vinta alla London's Royal Academy of Music, ha fatto di tutto per non diventare un compositore "serio", facendosi travolgere dall'ondata del punk prima e della new wave poi, finendo poi col diventare... un compositore serio (e non solo in ambito pop, come testimoniano le sue recenti incursioni nella Classica).
Un'accelerazione in slalom, il suo avvio di carriera, attraverso pannelli di pop-rock nevrotico e pungente (l'hit "Is She Really Going Out With Him"), pietanze esotiche (dal reggae al calypso) e languori soul ("It's Different For Girls"). Fino al salto carpiato in stile swing di "Jumpin' Jive", dove l'ex "gangster" - come amava definirsi - getta la maschera e si trasforma in raffinato interprete di classici jazz.
Quattro album completamente diversi l'uno dall'altro e un andamento schizofrenico, in cui l'unico punto fermo resta l'eclettismo da cabaret del dinoccolato Jackson, col suo abbigliamento da crooner d'altri tempi e la sua goffa aggressività da rocker mancato. Più d'un tratto in comune con Elvis Costello, verrebbe da dire, se non fosse che quest'ultimo, malgrado gli sforzi, è sempre rimasto fondamentalmente ancorato alla sua "britannicità", mentre Jackson ha trovato oltreoceano la sua terra promessa.
Lo sbarco in America è una folgorazione. "Night And Day", notte e giorno d'irrefrenabili eccitazioni. L'Englishman in New York non è un alieno, ma un viaggiatore curioso, che vuole carpire lo spirito della Grande Mela viaggiando attraverso le sue fumose atmosfere notturne, i suoi chiaroscuri, le sue nevrosi, ma soprattutto le sue cento voci musicali.
Jackson resuscita idealmente le orchestre di Duke Ellington, le melodie di George Gershwin, il soul di Marvin Gaye e i musical di Cole Porter (omaggiato sin dallo stesso titolo del disco). In più, si lascia attrarre dalle fascinazioni latine - la salsa di Eddie Palmieri e Ray Barretto - e dalle possibilità offerte da un "combo" di otto elementi, in cui piano, basso, fiati e percussioni fanno da padrone, ma le nuove tecnologie sonore (synth e drum machine) forgiano un seducente involucro di "pop urbano". Scompaiono così le chitarre, ultimo orpello di quella stagione post-punk che l'irrequieto Jackson si è ormai lasciato alle spalle.
A padroneggiare questo pot-pourri provvedono arrangiamenti raffinatissimi, tanto sontuosi quanto mai sopra le righe.
I nove brani (beati i tempi in cui non rimpinzavano i dischi di riempitivi!) si succedono quasi tutti senza soluzione di continuità, alimentando l'idea di una sorta di concept. Pur diviso in due parti (il lato A, più movimentato, sulla notte, il lato B, più riflessivo, sul giorno) l'album è infatti interamente pervaso da un mood notturno e sinuoso, che contagia fin dalle prime note di "Another World", il carosello percussivo che dà il benvenuto nel "nuovo mondo".
La freschezza dei suoni non nasconde l'occhio critico di Jackson, che usa quasi toni da indagine sociale vagando spaesato per le vie di "Chinatown", al ritmo d'un jazzy-pop orientaleggiante scandito dal piano e dalle percussioni esotiche, camuffandosi da santone ethno-funk à-la Byrne (anche nel vocalismo nevrastenico) per denunciare le aberrazioni della "TV Age" ("Tv rules/ pretty soon you won't be able to turn it off at all"), divenendo egli stesso "Target", bersaglio ("Someone could smile at me then/ shake my hand then gun me down") in una selva di bonghi e congas.
Ma a mandare in gloria l'album è il singolo "Steppin' Out", praticamente la quintessenza dell'anima più lieve e innocente del decennio '80. Una radiosa melodia che si fa largo nel palpitante incedere elettro-pop delle tastiere glamour, tra un piano squillante e una possente linea di basso, alla ricerca di una via d'uscita dall'oppressione della metropoli ("We so tired of all the darkness in our lives/ with no more angry words to say/ can come alive... get into a car and drive/ to another side/ me Babe - Steppin' out/ into the night/ into the light").
Dopo la sbornia del lato A, il "day side" volge alla malinconia, con toni più pensosi e amari.
"Breaking Us In Two" è una languida piano-ballad che echeggia gli Steely Dan di "Rikki Don't Lose That Number", mentre il sardonico jingle salsa di "Cancer" offre il poco rassicurante avviso che "everything gives you cancer".
Le due ballate finali sono una staffilata al cuore. L'epica "Real Men" lambisce un climax quasi "spectoriano" con la sua solenne orchestrazione d'archi (sintetici) e pianoforte a cullare l'invettiva di Jackson contro la "guerra dei sessi". "Slow Song" è un disperato inno al "lento", ultimo baluardo contro la tirannia della musica frenetica e disumana ("And I'm tired of dj's... /I'm gonna tell him to... / Play us a slow song"), ma anche lucido ritratto di solitudine e frustrazione: sette minuti impreziositi dal piano, dall'organo Hammond e da un'intensa performance vocale, che accumula pathos ed esplode nella liberatoria implorazione finale.
Jackson accompagnerà la promozione del disco con roboanti dichiarazioni sulla "morte del rock", anticipando di diversi anni la celebre sortita di Sting.
Quasi vent'anni dopo tenterà il bis con "Night And Day II", ma senza più raggiungere i fasti dell'originale, che resterà anche il suo unico disco ad aver scalato la top ten Usa (4° posto).
Sempre nel 1982, invece, uscirà anche "The Nightfly" di Donald Fagen, altro volo notturno sotto le stelle del jazz. E la lunga notte dell'America tornerà a luccicare ancora.
Artinside- Membro classe argento
- Data d'iscrizione : 29.01.09
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Località : Sassari
Occupazione/Hobby : Arte Contemporanea
Impianto :- Spoiler:
- Sorgente: Jvc xv-n680
Pre: Minimalist autocostruito
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Ampli cuffie: Poppulse mini headphone amp
Cuffie: Grado - Alessandro MS1, Koss Portapro, Jvc ha-fxc51, Monoprice 8320, Jvc Ha-fx34, Awei es-q9, Xkdun Ck-700 etc, etc, etc....
Re: Joe Jackson: Night & Day
Grandissimo Joe Jackson.
Io non avrei scelto Night & Day quale pietra miliare (l'avevo contestato, a suo tempo, anche su Onda Rock e ne era nata una discussione abbastanza animata... ), ma rimane comunque un'opera pregevole. Per quanto mi riguarda, il meglio l'ha dato nei primi due album (Look Sharp! e I'm the Man entrambi del '79, due dischi memorabili). Ma, per il resto, tutta la sua discografia (non conosco bene quella più recente, però) è degna di attenzione. Uno da non sottovalutare è anche Jumpin' Jive dell'81, una serie irresistibile di cover jazz & swing degli anni '30/'40: da non riuscire a star fermi!
Io non avrei scelto Night & Day quale pietra miliare (l'avevo contestato, a suo tempo, anche su Onda Rock e ne era nata una discussione abbastanza animata... ), ma rimane comunque un'opera pregevole. Per quanto mi riguarda, il meglio l'ha dato nei primi due album (Look Sharp! e I'm the Man entrambi del '79, due dischi memorabili). Ma, per il resto, tutta la sua discografia (non conosco bene quella più recente, però) è degna di attenzione. Uno da non sottovalutare è anche Jumpin' Jive dell'81, una serie irresistibile di cover jazz & swing degli anni '30/'40: da non riuscire a star fermi!
aschenaz- Membro di riguardo
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dac SMSL dir9001pcm1793opa2134
ampli SMSL SA36 TA2020/TA2024
diffusori 2 Pi Tower autocostruiti
Re: Joe Jackson: Night & Day
Sto scoprendo Jackson in questo periodo proprio con questo album. Gran bella segnalazione.
A chi può interessare, si dice che il disco "Body & Soul" (credo sia il succesivo) sia uno dei più apprezzati dischi da audiofili; ascoltandolo la cosa non mi stupisce affatto.
A chi può interessare, si dice che il disco "Body & Soul" (credo sia il succesivo) sia uno dei più apprezzati dischi da audiofili; ascoltandolo la cosa non mi stupisce affatto.
Miclaud- Membro classe bronzo
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Re: Joe Jackson: Night & Day
Miclaud ha scritto:Sto scoprendo Jackson in questo periodo proprio con questo album. Gran bella segnalazione.
A chi può interessare, si dice che il disco "Body & Soul" (credo sia il succesivo) sia uno dei più apprezzati dischi da audiofili; ascoltandolo la cosa non mi stupisce affatto.
Aggiungerei: "Body & Soul" è da un punto di vista audiofilo "l'anello mancate al grande mistero irrisolto ed irrisolvibile" del CD VS Vinile! Nonostante sia una delle prime cose, a livello commerciale, registrato e mixato in digitale... il vinile si sente molto, ma molto meglio! Vallo a capire!
Per quanto riguarda Night and Day, ricordo che fu' una vera "sorpresa", conoscevo J.J. dai lavori precedenti ed ero letteralmente innamorato di Look Sharp! e Beat Crazy, ma questo nuovo era una cosa molto diversa, più raffinato ed orientato verso il jazz. Difficile metterli in confronto...
Ciao Mauro
emmeci- Membro classe oro
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Re: Joe Jackson: Night & Day
emmeci ha scritto:
il vinile si sente molto, ma molto meglio! Vallo a capire!
madonna mia
visto come si sente il cd, dal vinile allora mi aspetterei di provare visioni a sfondo mistici
Miclaud- Membro classe bronzo
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Re: Joe Jackson: Night & Day
Me lo regalarono quando uscì, ormai è parte di me, dei miei ricordi.
Alessandro LXIV- Membro classe oro
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Re: Joe Jackson: Night & Day
Miclaud ha scritto:emmeci ha scritto:
il vinile si sente molto, ma molto meglio! Vallo a capire!
madonna mia
visto come si sente il cd, dal vinile allora mi aspetterei di provare visioni a sfondo mistici
Peccato che tu mi sia un po' lontanuccio...altrimenti un caffè ed un ascolto te lo offrivo volentieri, con o senza visioni mistiche!
Ciao Mauro
emmeci- Membro classe oro
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Re: Joe Jackson: Night & Day
emmeci ha scritto:
Peccato che tu mi sia un po' lontanuccio...altrimenti un caffè ed un ascolto te lo offrivo volentieri, con o senza visioni mistiche!
Ciao Mauro
E' vero, ma mai dire mai, anche perché non è la prima volta che siamo d'accordo sui "consigli per gli acquisti"
Miclaud- Membro classe bronzo
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Re: Joe Jackson: Night & Day
Miclaud ha scritto:emmeci ha scritto:
Peccato che tu mi sia un po' lontanuccio...altrimenti un caffè ed un ascolto te lo offrivo volentieri, con o senza visioni mistiche!
Ciao Mauro
E' vero, ma mai dire mai, anche perché non è la prima volta che siamo d'accordo sui "consigli per gli acquisti"
Bene...se passi per Roma dammi un segnale... digitale, analogico fai tu!
Ciao Mauro
emmeci- Membro classe oro
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Re: Joe Jackson: Night & Day
Artinside ha scritto:
Quasi vent'anni dopo tenterà il bis con "Night And Day II", ma senza più raggiungere i fasti dell'originale, che resterà anche il suo unico disco ad aver scalato la top ten Usa (4° posto).
Sempre nel 1982, invece, uscirà anche "The Nightfly" di Donald Fagen, altro volo notturno sotto le stelle del jazz. E la lunga notte dell'America tornerà a luccicare ancora.
Ma che stai a scherzà... questi so du capolavori senza ombra de dubbio.
Night And Day è un disco fantastico, purtroppo era talmente bello che non è riuscito a ripetersi.
Stesso discorso anche per Christopher Cross, con l'aiutino della voce di Michael McDonald dei Doobie Brothers ha fatto prima di lui un'altra meraviglia.
Diverso il discorso per il buon Donald Fagen visto qualche anno fa in concerto con il suo amico Walter Becker... quando si mettono a suonare gli Steely Dan non si tratta di un disco ma di un'epopea musicale vera e propria, inarrivabili.
flovato- UTENTE BANNATO
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