Sean Costello, un grandissimo chitarrista poco conosciuto
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Sean Costello, un grandissimo chitarrista poco conosciuto
Vi copio incollo un mio articolo su Sean Costello, un artista che adoro, sperando di farvelo conoscere.
Un chitarrista insolito, che preferiva suonare la canzone prima di suonare la chitarra. "All I've ever wanted to do was play the guitar well. I've been fortunate to be able to make a living doing it, and I plan to keep it up for the rest of my life."
Sean Costello: una vita troppo breve
Vorrei parlarvi di un personaggio poco conosciuto in Italia, che a mio parere è stato uno dei migliori chitarristi blues degli ultimi anni: Sean Costello. Nato nel 1979 a Filadelfia, ma cresciuto ad Atlanta, città dove trascorre la sua intera esistenza, Sean inizia a suonare la chitarra all'età di 9 anni, come autodidatta.
A 14 anni, nel 1994, vince il "the Beale Street Blues Society's talent award", un premio dedicato ai giovani talenti.
Nel 1996, a soli 17 anni, pubblica il suo album di esordio, "Call the Cops", ottimo lavoro dove la metà dei brani sono firmati di suo pugno e il resto è dedicato a una rilettura di classici del blues, come "Anna Lee," "Take A Little Walk With Me," "Sit Down Baby".
Sebbene trattasi di un lavoro giovanile, troviamo in esso già tanti elementi del mondo di Costello: il suo tipico sapore retrò, echi provenienti dagli anni '50 e sonorità dimenticate, netto segno di distinzione e originalità e non la classica sottomissione ed emulazione tipica dell'esordiente a mostri sacri come SRV o Clapton.
A differenza di altri virtuosi dello strumento, come Bonamassa per esempio, Costello parte da molto più lontano e la chitarra è sempre funzionale al brano.
Il suo stile chitarristico è privo di autocompiacimento e la tecnica non è mai fine a se stessa; non c'è la necessità di stupire, la chitarra è al servizio della canzone e del suo "feel", con economia di note, ampio spazio a vuoti e pause e respiro al "tone". Un les paul 54, il suono asciutto e diretto dei P90, nessuna distorsione o effetti speciali, Costello è un piatto senza condimenti, viscerale e verace.
Nei due anni seguenti alla pubblicazione di "Call the Cop", lo vediamo in tour con Susan Tedeschi, come chitarra solista, e compare nell'album "Just Won't Burn" della bella signora.
Dopo tanti palchi e tour, nel 2000 esce "Cuttin' In", il suo secondo lavoro, che si rivela subito un successo all'interno della comunità degli appassionati del blues, tanto da vincere la nomination W.C. Handy Award come miglior album di esordio.
Rispetto al precedente "Call the Cops", si avverte subito una diversa attenzione a particolari e sfumature sonore, segno di un nuovo percorso di ricerca musicale. Il materiale spazia all'interno del panorama blues, dalle influenze texane al jump blues, fino ai toni caraibici di un funky calypso come "Goombay Rock".
Favolosa la rilettura del classico di Otis Rush, “Double Trouble”, riportata alla sua essenza originaria dopo la sfarzosa intepretazione di Clapton.
Del 2001 è il terzo lavoro, "Moanin' for Molasses", album che lo consacra definitivamente come uno dei migliori chitarristi blues della nuova generazione. Costello si butta a capofitto nella tradizione di Chicago e New Orleans, rileggendo materiale di Jimmy Rogers, Buddy Guy, Jody Williams, J.B. Lenoir e Otis Rush.
Con la ballata "“I Want You So Bad” di James Brown e "You Can't Win With a Losing Hand" di Johnnie Taylor inizia invece un percorso attraverso il soul e il R&B che troverà sfocio nei progetti successivi.
La voce di Costello è più matura e potente, mentre lo stile chitarristico è sempre asciutto e incisivo, totalmente al servizio dei brani e senza compromessi; non a caso, questi vengono tutti contenuti sotto i quattro se non i tre minuti di durata.
Nel 2004 esce "Sean Costello", ma la casa discografica fallisce pochi mesi dopo l'uscita del disco, che non gode quindi di alcuna promozione.
Prodotto da Steve Rosenthal, l'album è una miscela di soul, funk e rock. Il repertorio spazia da Johnny Taylor ad Al Green, compresa una ispirata versione di "Simple Twist of Fate" del vecchio Dylan.
Nel disco compaiono alcuni ospiti, il più importante di tutti è l'ex batterista della Band, Levon Helm, coautore con Costello della bellissima ballata "Don't pass me by". Sette sono i pezzi firmati da Costello e tutti mettono in luce il suo talento in veste di songwriter, a partire dal ritmo trascinante e ballabile del take di apertura "No half Steppin".
Nel febbraio del 2008 esce quello che a mio parere è il suo gioiellino,"We Can Get Together", prodotto dallo stesso Costello, l'album della maturità, carico di blues e rimandi soul, uno dei pochi dischi recenti che ho macinato come facevo diversi anni fa.Nove pezzi portano la firma di Costello, mentre due sono dei traditional totalmente riarrangiati con il suo marchio di fabbrica.
Il clima va dalla ruggine di "Hard Luck Woman" e "Anytime You Want" al ritmo funkeggiante di "Can't let go", dagli echi alla Stones di "Same Old Game" alla marcetta funebre con sezione di fiati di "Told me a lie".
La straziante "Have you no shame" mette in risalto anche le doti vocali del chitarrista, il traditional "Going Home" viene trasportato in un gospel funkeggiante, mentre "How in the Devil" ci catapulta nel puro stile Chicago.
Un lavoro completo e definitivo, sotto tutti i punti di vista; un testamento giovanile. Purtroppo, dopo solo due mesi dall'uscita del disco, il 18 aprile del 2008, il giorno prima del suo ventinovesimo compleanno, Costello viene trovato morto in un hotel di Atlanta. Come al solito, la causa è una delle peggiori nemiche del rock n roll, la stessa che uccise Hendrix, la Joplin e tanti altri: overdose da stupefacenti.
Come è riportato nelle testimonianze sul suo myspace, Costello ebbe la fortuna di guadagnare il rispetto dei suoi idoli e l'opportunità di dividere il palco con i suoi mentori: B.B. King, Buddy Guy, James Cotton, Pinetop Perkins e Bo Diddley tra i tanti.
Un chitarrista insolito, che preferiva suonare la canzone prima di suonare la chitarra.
"All I've ever wanted to do was play the guitar well. I've been fortunate to be able to make a living doing it, and I plan to keep it up for the rest of my life."
Qui potete ascoltare alcuni suoi brani: http://www.myspace.com/seancostello
Sul tubo potete invece trovare diversi suoi video, ammirare la sua tecnica e la sua splendida Les Paul del 54.
Qui alcuni estratti di un concerto in un piccolo pub di New York:
Un chitarrista insolito, che preferiva suonare la canzone prima di suonare la chitarra. "All I've ever wanted to do was play the guitar well. I've been fortunate to be able to make a living doing it, and I plan to keep it up for the rest of my life."
Sean Costello: una vita troppo breve
Vorrei parlarvi di un personaggio poco conosciuto in Italia, che a mio parere è stato uno dei migliori chitarristi blues degli ultimi anni: Sean Costello. Nato nel 1979 a Filadelfia, ma cresciuto ad Atlanta, città dove trascorre la sua intera esistenza, Sean inizia a suonare la chitarra all'età di 9 anni, come autodidatta.
A 14 anni, nel 1994, vince il "the Beale Street Blues Society's talent award", un premio dedicato ai giovani talenti.
Nel 1996, a soli 17 anni, pubblica il suo album di esordio, "Call the Cops", ottimo lavoro dove la metà dei brani sono firmati di suo pugno e il resto è dedicato a una rilettura di classici del blues, come "Anna Lee," "Take A Little Walk With Me," "Sit Down Baby".
Sebbene trattasi di un lavoro giovanile, troviamo in esso già tanti elementi del mondo di Costello: il suo tipico sapore retrò, echi provenienti dagli anni '50 e sonorità dimenticate, netto segno di distinzione e originalità e non la classica sottomissione ed emulazione tipica dell'esordiente a mostri sacri come SRV o Clapton.
A differenza di altri virtuosi dello strumento, come Bonamassa per esempio, Costello parte da molto più lontano e la chitarra è sempre funzionale al brano.
Il suo stile chitarristico è privo di autocompiacimento e la tecnica non è mai fine a se stessa; non c'è la necessità di stupire, la chitarra è al servizio della canzone e del suo "feel", con economia di note, ampio spazio a vuoti e pause e respiro al "tone". Un les paul 54, il suono asciutto e diretto dei P90, nessuna distorsione o effetti speciali, Costello è un piatto senza condimenti, viscerale e verace.
Nei due anni seguenti alla pubblicazione di "Call the Cop", lo vediamo in tour con Susan Tedeschi, come chitarra solista, e compare nell'album "Just Won't Burn" della bella signora.
Dopo tanti palchi e tour, nel 2000 esce "Cuttin' In", il suo secondo lavoro, che si rivela subito un successo all'interno della comunità degli appassionati del blues, tanto da vincere la nomination W.C. Handy Award come miglior album di esordio.
Rispetto al precedente "Call the Cops", si avverte subito una diversa attenzione a particolari e sfumature sonore, segno di un nuovo percorso di ricerca musicale. Il materiale spazia all'interno del panorama blues, dalle influenze texane al jump blues, fino ai toni caraibici di un funky calypso come "Goombay Rock".
Favolosa la rilettura del classico di Otis Rush, “Double Trouble”, riportata alla sua essenza originaria dopo la sfarzosa intepretazione di Clapton.
Del 2001 è il terzo lavoro, "Moanin' for Molasses", album che lo consacra definitivamente come uno dei migliori chitarristi blues della nuova generazione. Costello si butta a capofitto nella tradizione di Chicago e New Orleans, rileggendo materiale di Jimmy Rogers, Buddy Guy, Jody Williams, J.B. Lenoir e Otis Rush.
Con la ballata "“I Want You So Bad” di James Brown e "You Can't Win With a Losing Hand" di Johnnie Taylor inizia invece un percorso attraverso il soul e il R&B che troverà sfocio nei progetti successivi.
La voce di Costello è più matura e potente, mentre lo stile chitarristico è sempre asciutto e incisivo, totalmente al servizio dei brani e senza compromessi; non a caso, questi vengono tutti contenuti sotto i quattro se non i tre minuti di durata.
Nel 2004 esce "Sean Costello", ma la casa discografica fallisce pochi mesi dopo l'uscita del disco, che non gode quindi di alcuna promozione.
Prodotto da Steve Rosenthal, l'album è una miscela di soul, funk e rock. Il repertorio spazia da Johnny Taylor ad Al Green, compresa una ispirata versione di "Simple Twist of Fate" del vecchio Dylan.
Nel disco compaiono alcuni ospiti, il più importante di tutti è l'ex batterista della Band, Levon Helm, coautore con Costello della bellissima ballata "Don't pass me by". Sette sono i pezzi firmati da Costello e tutti mettono in luce il suo talento in veste di songwriter, a partire dal ritmo trascinante e ballabile del take di apertura "No half Steppin".
Nel febbraio del 2008 esce quello che a mio parere è il suo gioiellino,"We Can Get Together", prodotto dallo stesso Costello, l'album della maturità, carico di blues e rimandi soul, uno dei pochi dischi recenti che ho macinato come facevo diversi anni fa.Nove pezzi portano la firma di Costello, mentre due sono dei traditional totalmente riarrangiati con il suo marchio di fabbrica.
Il clima va dalla ruggine di "Hard Luck Woman" e "Anytime You Want" al ritmo funkeggiante di "Can't let go", dagli echi alla Stones di "Same Old Game" alla marcetta funebre con sezione di fiati di "Told me a lie".
La straziante "Have you no shame" mette in risalto anche le doti vocali del chitarrista, il traditional "Going Home" viene trasportato in un gospel funkeggiante, mentre "How in the Devil" ci catapulta nel puro stile Chicago.
Un lavoro completo e definitivo, sotto tutti i punti di vista; un testamento giovanile. Purtroppo, dopo solo due mesi dall'uscita del disco, il 18 aprile del 2008, il giorno prima del suo ventinovesimo compleanno, Costello viene trovato morto in un hotel di Atlanta. Come al solito, la causa è una delle peggiori nemiche del rock n roll, la stessa che uccise Hendrix, la Joplin e tanti altri: overdose da stupefacenti.
Come è riportato nelle testimonianze sul suo myspace, Costello ebbe la fortuna di guadagnare il rispetto dei suoi idoli e l'opportunità di dividere il palco con i suoi mentori: B.B. King, Buddy Guy, James Cotton, Pinetop Perkins e Bo Diddley tra i tanti.
Un chitarrista insolito, che preferiva suonare la canzone prima di suonare la chitarra.
"All I've ever wanted to do was play the guitar well. I've been fortunate to be able to make a living doing it, and I plan to keep it up for the rest of my life."
Qui potete ascoltare alcuni suoi brani: http://www.myspace.com/seancostello
Sul tubo potete invece trovare diversi suoi video, ammirare la sua tecnica e la sua splendida Les Paul del 54.
Qui alcuni estratti di un concerto in un piccolo pub di New York:
Bru- Affezionato
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